Varianti Virali: cosa sono e come si generano?

L’attuale pandemia di COVID-19 ci ha fatto prendere familiarità con termini e argomenti di cui molti di noi erano totalmente a digiuno o ne avevano solo sentito parlare in età scolastica. Poiché sembra che non ci libereremo così facilmente di questo virus, che dovremo imparare a conviverci o che nel prossimo futuro altre pandemie possano avere simili sviluppi, vogliamo fare “sana informazione” allo scopo di chiarire in un linguaggio “comprensibile” ai non addetti, cosa sono le varianti virali e come si generano.

A tal proposito ne parliamo con il dott. Dario Sannino, esperto del settore farmaceutico e che oggi è l’Head of Quality Management di una multinazionale farmaceutica svizzera che opera nel settore delle biotecnologie (Lonza AG).

Cosa sono le varianti virali?

  I virus sono microorganismi semplici costituiti da un acido nucleico (DNA o RNA a seconda del tipo di virus) che contiene l’informazione genetica (patrimonio genetico) necessaria per la loro moltiplicazione e da un numero variabile di proteine, alcune presenti sull’involucro esterno (capside virale). Non sono autonomi e sono in grado di vivere e moltiplicarsi soltanto all’interno delle cellule dell’organismo che li ospita (ad esempio, l’uomo).

Una variante si genera quando un virus, moltiplicandosi nell’organismo ospite, subisce una o più variazioni nel suo patrimonio genetico che lo rendono diverso dal virus originario.

Nella maggior parte dei casi, la mutazione non determina cambiamenti importanti nella struttura del virus e nelle caratteristiche dell’infezione. Tuttavia, in alcuni casi la mutazione, o la combinazione di più mutazioni, possono conferire al virus “nuovo” (variante) una maggiore capacità di riconoscere le cellule da infettare e, quindi, una maggiore aggressività e velocità di diffusione.

In altri casi, il virus modificato (mutato) può diventare resistente alla risposta del sistema di difesa dell’organismo (sistema immunitario) che si sviluppa durante l’infezione naturale o in seguito a vaccinazione.

Più raramente, e per particolari famiglie di virus, può accadere che le mutazioni presenti nella variante del virus conferiscano a quest’ultima la capacità di infettare un ospite diverso da quello abituale, passando, ad esempio, dall’animale all’uomo. Il SARS-CoV-2, responsabile dell’attuale pandemia, è un esempio di virus che è passato dall’animale all’uomo e continua a variare moltiplicandosi nella specie umana.

Come si genera una variante?

 Al momento dell’infezione il virus entra all’interno della cellula utilizzando una o più proteine presenti sul suo involucro esterno (nel caso del SARS-CoV-2 principalmente la proteina Spike) come una chiave con cui forzare la serratura presente sulla superficie delle cellule.

Una volta entrato rilascia il suo materiale genetico, (costituito da DNA o RNA) contenente tutta l’informazione necessaria per moltiplicarsi nella cellula infettata e far produrre a quest’ultima tanti nuovi virus, copie di se stesso, che non solo andranno ad infettare altre cellule dello stesso individuo, ma saranno anche trasmessi ad altre persone.

La cellula infettata è obbligata quindi a leggere e decodificare l’informazione che è contenuta nel genoma del virus e a produrre copie “fedeli” di RNA virale e di tutte le proteine necessarie a formare i virus “figli”, comprese quelle dell’involucro esterno che serviranno a riconoscere i recettori per entrare in nuove cellule.

Durante il processo di replicazione dei virus, soprattutto quelli a RNA come i coronavirus o i virus dell’influenza, si possono verificare degli errori casuali (mutazioni) per cui le copie di RNA prodotte non sono proprio copie fedeli ma possono presentare differenze rispetto a quella originaria. Le mutazioni nel patrimonio genetico virale corrispondono a variazioni più o meno importanti nella struttura e/o nella funzione delle proteine che compongono il virus e, in particolare, di quelle dell’involucro esterno.

Poiché la moltiplicazione virale è un processo soggetto a errori, la comparsa di “varianti” del virus che presentano una o più mutazioni nel loro codice genetico, rispetto al virus originario o “selvaggio”, è un evento prevedibile ma non necessariamente preoccupante.

Nella maggior parte dei casi, infatti, queste variazioni del codice genetico non si riflettono in differenze sostanziali nella struttura e nelle caratteristiche del virus e non hanno, quindi, un impatto sulla sua diffusione, ma contribuiscono al normale evoluzione del virus stesso.

Tuttavia, alcune mutazioni, o combinazioni di più mutazioni, possono fornire alla nuova variante virale dei vantaggi come, ad esempio, una maggiore capacità di diffondersi e di propagare l’infezione.

Questo avviene soprattutto quando le variazioni interessano le proteine presenti sull’involucro esterno (nel caso di SARS-CoV-2 la proteina Spike) del virus. Oltre a riconoscere i recettori presenti sulle cellule da infettare, infatti, queste proteine sono quelle che il sistema immunitario dell’ospite vede per prime e contro le quali scatena una risposta immunitaria più forte, compresa la produzione di anticorpi.

Di conseguenza, cambiare le caratteristiche di tali proteine, come succede quando si genera una variante “pericolosa”, può conferire al virus la capacità di infettare in modo più efficiente o di essere riconosciuto meno facilmente dal sistema immunitario.

Ciò si traduce in una migliore abilità del virus di adattarsi all’ambiente in cui si trova, per cui la variante può diventare in breve tempo dominante e soppiantare il virus originario da cui deriva.

In questi casi le varianti diventano motivo di preoccupazione, e devono essere tenute sotto controllo, soprattutto se presentano contemporaneamente fattori che influenzano gli aspetti clinici, tipo maggior gravità dell’infezione.

Prossimamente approfondiremo i seguenti temi: Cosa contribuisce alla formazione di varianti? Come avviene il salto di specie?

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