Sclerosi Multipla: i risultati di 2 recenti ricerche fanno ben sperare!

MAP e sclerosi multipla: cosa sappiamo al riguardo? - Sardegna Reporter

La sclerosi multipla è una malattia degenerativa del sistema nervoso che colpisce circa 2,5 milioni di persone nel mondo. È causata dalla progressiva perdita della mielina, sostanza che forma una guaina protettiva e isolante delle fibre nervose.

Gli studi sono concordi nel concludere che questa perdita è l’esito di un processo autoimmune, alla cui manifestazione concorrono una predisposizione genetica e uno o più fattori ambientali scatenanti.

Purtroppo ancora non si è riusciti a comprendere nel dettaglio i meccanismi che portano il sistema immunitario di un individuo ad attaccare le guaine mieliniche delle proprie fibre nervose.

Due recenti ricerche, che il dott. Dario Sannino ci illustra di seguito, hanno evidenziato promettenti aree di studio. Tra queste, una in particolare sembra essere particolarmente promettente.

Un legame tra microbioma e sclerosi multipla

Un legame tra microbioma e sclerosi multipla
Illustrazione della superficie di un linfocita T su cui ci sono recettori e proteina CD4. Questa popolazione di cellule del sistema immunitario è probabilmente coinvolta nei meccanismi d’insorgenza della sclerosi multipla.

In uno studio pubblicato su “Science Translational Medicine”, è stato identificato, in pazienti affetti da sclerosi multipla, un enzima che scatena la risposta autoimmune dei linfociti T.

Questi ultimi costituiscono una popolazione di cellule molto importante del sistema immunitario, che reagisce anche alla presenza di una variante dell’enzima prodotta dai batteri. Questa scoperta alimenta l’ipotesi secondo cui in particolari condizioni molecole prodotte dal microbioma o flora intestinale possano scatenare una risposta abnorme del sistema immunitario.

Per arrivare al risultato, sono stati isolati linfociti T prelevati da pazienti con sclerosi multipla, in particolare da regioni cerebrali già colpite da lesioni. Dalle analisi condotte in vitro con questi linfociti hanno poi scoperto che le cellule del sistema immunitario reagivano alla presenza di un enzima denominato GDP-L-fucosio sintasi.

Sulla base di questi dati preliminari, sono stati analizzati una sottopopolazione di linfociti T, denominati CD4+T, prelevati da fluido cerebrospinale di 31 pazienti con sclerosi multipla.

Da nuove analisi, è emerso che circa il 40 per cento dei soggetti mostrava una reattività alla GDP-L-fucosio sintasi prodotta da diverse specie di batteri presenti nel microbioma intestinale. 

“L’identificazione di questi meccanismi di reattività è un grande passo verso il chiarimento dell’immunopatologia della sclerosi multipla”, commenta il dott. Sannino.

“Quest’ultima è la premessa necessaria per sviluppare strategie terapeutiche con cui indurre nel sistema immunitario dei malati una tolleranza rispetto ai fattori scatenanti, e alleviare così i sintomi della sclerosi multipla”.

Promettente opzione farmacologica nella lotta alla sclerosi multipla

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Il condizionale è d’obbligo, visto che le evidenze della sua possibile efficacia per ora riguardano solo modelli sperimentali della patologia, ma i risultati sull’uso di una piccola molecola (un farmaco in realtà già utilizzato per altri scopi in medicina), capace di migliorare il quadro di malattia nel modello murino, lasciano ben sperare.

Al centro del lavoro,  è una proteina, S100B, sintetizzata da cellule della glia (cellule che insieme ai neuroni formano il sistema nervoso), soprattutto astrociti. Nel caso della sclerosi multipla, questa proteina S100B, si riscontra in livelli molto elevati:

  • nel fluido cerebrospinale
  • nel siero di pazienti in fase acuta
  • nel tessuto nervoso, in prossimità delle lesioni attive associate alla malattia

“Nelle fasi stazionarie che anche caratterizzano la malattia”, osserva il dott. Sannino, “i livelli della proteina nei liquidi biologici si riducono sensibilmente fin quasi a ritornare normali. Di qui l’ipotesi che S100B possa avere un ruolo nella sclerosi multipla, e che contrastarne l’azione possa produrre effetti benefici“.

Per capirlo i ricercatori dell’Università Cattolica, hanno condotto esperimenti sul modello sperimentale di sclerosi multipla della forma recidivante-remittente (relapsing–remitting experimental autoimmune encephalomyelitis, RR–EAE), che nell’uomo è di gran lunga la più diffusa.

Per bloccare S100B hanno usato una piccola molecola, la pentamidina, già impiegata come farmaco antiparassitario, ma anche dotata di una singolare azione bloccante per S100B, lontana, per quanto si sa, dal suo consolidato impiego terapeutico. Una volta somministrata negli animali da esperimento, pentamidina riduceva in effetti la gravità della malattia, migliorando sensibilmente il quadro clinico.

Nel cervello degli animali, continua il dott. Sannino, la somministrazione di pentamidina si associava a una diminuzione di molecole proinfiammatorie, effetti confermati anche dagli esami istologici, che mostravano una riduzione delle cellule immunitarie e delle lesioni nei tessuti cerebrali.

Queste osservazioni, come sempre con tutte le cautele dovute a risultati ottenuti soltanto nel modello sperimentale, inducono a considerare la pentamidina un nuovo possibile farmaco nella lotta alla sclerosi multipla; e la considerazione che si tratti di un farmaco il cui uso clinico è gia approvato, benchè per altri scopi, potrebbe avere rilievo.

Ma soprattutto, ora che il ruolo di questa misteriosa proteina S100B nella sclerosi multipla sembra accertato, i ricercatori sono già a caccia di farmaci che la blocchino in maniera ancora più mirata.

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