Ora riusciamo a modificare anche il DNA dei mitocondri

Gli scienziati hanno scoperto un enzima batterico capace di modificare il dna dei mitocondri, le centrali energetiche delle cellule: una svolta per la ricerca sulle malattie mitocondriali

Dopo Crispr-Cas9, ecco che un altro batterio (Burkholderia cenocepacia) ci fornisce un nuovo sistema di editing del dna, che potrebbe dare una svolta alla ricerca sulle malattie mitocondriali permettendoci di creare modelli animali per lo studio delle mutazioni. L’enzima taglia-e-cuci è stato chiamato DddA: può entrare nei mitocondri (gli organelli cellulari che forniscono energia alle cellule) e da solo modificare il dna mitocondriale a doppio filamento convertendo la base azotata citosina (C) in uracile (U).

Mitocondri e malattie mitocondriali

mitocondri sono organelli cellulari dotati di membrane e possiedono un proprio materiale genetico, cioè molecole di dna a doppio filamento in cui si trovano informazioni che non sono presenti nel dna nucleare della cellula e che sono indispensabili per il benessere dell’organismo. Quando infatti i mitocondri funzionano male, per esempio a causa di mutazioni nel dna mitocondriale, le conseguenze sono in genere gravissime e compromettono la vita, perché influenzano la capacità di generare energia.

Le malattie mitocondriali sono condizioni ereditarie (di solito trasmesse per via materna, dato che i mitocondri del nuovo individuo sono quelli presenti nella cellula uovo al momento del concepimento) rare per cui non esiste una vera e propria cura. Si possono trattare i sintomi, per quanto possibile, ma sono comunque difficili da studiare in laboratorio perché non esistono modelli animali che le riproducano abbastanza fedelmente.

Anche la prevenzione non è così attuabile. Una tecnica che è stata adottata in alcuni Paesi per consentire la nascita di un bambino sano da una coppia portatrice di una mutazione è quella di trasferire il nucleo della cellula uovo (o dell’embrione) coi mitocondri malati in una cellula uovo sana privata del proprio nucleo. Sono i cosiddetti bambini con tre genitori, anche se questa definizione è un po’ imprecisa.

L’editing del dna mitocondriale

Il motivo per cui gli scienziati non sono stati in grado di creare modelli animali di malattia è che finora non si era riusciti a modificare con precisione il dna mitocondriale, nemmeno con il potente (e ormai famoso) sistema di editing Crispr-Cas9.

Oggi però i ricercatori del Mit insieme a quelli di Harvard hanno trovato un nuovo modo per apportare modifiche mirate al dna mitocondriale: un passo che potrebbe essere una svolta per la ricerca su queste malattie e che magari in futuro potrebbe essere usata addirittura per eliminare le mutazioni dannose nei mitocondri.

Il team coordinato a David Liu ha sfruttato l’enzima DddA , una tossina prodotta dal batterio Burkholderia cenocepacia scoperta qualche anno fa dal microbiologo dell’università di Washington Joseph Mougous. Questo enzima è in grado di convertire la base azotata citosina (C) del dna in uracile (U), un’altra base azotata che di solito non si trova nel dna e che i meccanismi di replicazione del dna della cellula copiano come timina (T). L’effetto che si ottiene, dunque, è che nella sequenza di dna le C vengono convertite in T. Modifiche così precise sono possibili anche con Crispr-Cas9, ma solo se si rompe il doppio filamento del dna e si usa un rna per guidare Cas9 nel punto desiderato della sequenza, e questo non può essere fatto nei mitocondri.

Il vantaggio del nuovo sistema è che la tossina DddA può agire direttamente su dna a doppio filamento, una caratteristica che però è anche quella che rende la tossina particolarmente pericolosa perché senza controllo muterebbe ogni C in T. Gli scienziati dunque hanno dovuto trovare un modo per imbrigliarla indirizzarla a proprio piacimento. Hanno diviso l’enzima in due parti così da inattivarlo e hanno legato ciascuna delle due a proteine progettate per legarsi a siti specifici del dna mitocondriale. In questo modo l’enzima, riunito, esplica la sua azione solo dove vogliono i ricercatori.

Questo nuovo sistema, sostengono gli autori dalle pagine di Nature, potrebbe consentire di creare modelli animali con mutazioni equivalenti a quelle umane per studiarle meglio e accelerare i tempi della ricerca. E magari, ma dovrà passare ancora molto tempo, in futuro potrà essere usata per correggere o eliminare i geni mitocondriali malati.

Dario Sannino

http://www.dariosannino.com

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